Olivetum di San Gregorio Alto

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  • Storia della suddivisione amministrativa  siciliana

    Storia della suddivisione amministrativa siciliana

    Fino al 1812

    Nel XVI secolo, la Sicilia era un possedimento fondamentale della Corona spagnola, governata da un viceré in nome del re. Amministrativamente, l’isola era organizzata in modo gerarchico, riflettendo sia la tradizione medievale che le esigenze del dominio spagnolo.

    Suddivisione amministrativa

    La Sicilia era divisa in tre grandi valli (o regioni), una ripartizione ereditata dal periodo medievale:

    1. Val di Mazara – La più vasta, occupava la parte occidentale dell’isola, con capoluogo Palermo, sede vicereale.
    2. Val Demone – A nord-est, comprendente Messina e parte dei Nebrodi. Zona più montuosa e culturalmente legata alla Grecia bizantina.
    3. Val di Noto – A sud-est, con capoluogo Noto (prima del terremoto del 1693), includeva città come Siracusa e Catania.

    Ogni valle era a sua volta suddivisa in comarche (distretti) e università (comuni), che godevano di una certa autonomia locale.

    Il potere era esercitato dal viceré, rappresentante del re di Spagna, coadiuvato da:

    • Il Parlamento Siciliano, composto dai tre bracci (nobili, ecclesiastici e demanio), che approvava le tasse e le leggi.
    • La Sacra Regia Coscienza, tribunale supremo.
    • pretori e i capitani di giustizia, che amministravano le città.

    Gran parte del territorio era controllato da feudi in mano all’aristocrazia locale, che esercitava un forte potere sulle campagne. I baroni siciliani, però, dovevano rispondere al viceré, che cercava di limitarne l’indipendenza.

    La Sicilia era dunque un mosaico di poteri: da quello centrale spagnolo a quello delle città demaniali, fino ai vasti feudi baronali. Questa struttura, se da un lato garantiva stabilità, dall’altro alimentava tensioni sociali che sarebbero esplose nei secoli successivi.

    Un’isola strategica, crocevia di culture e dominio, in un’epoca in cui il Mediterraneo era il cuore del mondo conosciuto.

    La Contea di Modica: un piccolo regno nella Sicilia spagnola

    Tra le più potenti signorie feudali della Sicilia, la Contea di Modica dominò per secoli il sud-est dell’isola, lasciando un’impronta profonda nella storia politica, economica e culturale del territorio. Nata nel medioevo e giunta al suo apogeo nel Cinquecento sotto il dominio spagnolo, fu spesso definita un “regno nel regno” per la sua vastità e autonomia.

    Origini e espansione

    La Contea di Modica fu istituita nel 1296, quando Federico III d’Aragona la concesse a Manfredi III Chiaramonte, una delle famiglie più influenti dell’epoca. Tuttavia, raggiunse il massimo splendore sotto gli Enríquez de Cabrera, una nobile famiglia castigliana che la governò dal XV al XVIII secolo.

    Con oltre 50 feudi e una superficie che copriva gran parte dell’attuale provincia di Ragusa (incluse città come Scicli, Pozzallo e Ispica), la Contea era una delle più vaste d’Europa, seconda in Sicilia solo al Principato di Butera.

    Un potere quasi regale

    I conti di Modica godevano di privilegi straordinari:

    • Autonomia giudiziaria: potevano nominare magistrati ed emettere sentenze senza l’approvazione del viceré.
    • Diritto di battere moneta (il famoso tari di Modica).
    • Esercito privato, utilizzato per mantenere l’ordine e difendere il territorio.

    Questa indipendenza era tale che i sovrani spagnoli, pur cercando di limitare il potere baronale, dovettero spesso trattare con i conti come fossero alleati più che vassalli.

    Modica, capitale barocca e crocevia culturale

    La città di Modica divenne il centro politico e culturale della Contea. Qui sorsero splendidi palazzi, chiese barocche (come San Giorgio) e una vivace attività commerciale, favorita dalla posizione strategica tra Malta e il resto della Sicilia.

    La Contea era anche un importante produttore di grano, olio e vino, mentre il porto di Pozzallo garantiva scambi con tutto il Mediterraneo.

    Declino e eredità

    Con l’abolizione del feudalesimo nel 1812, la Contea di Modica cessò di esistere come entità politica, ma la sua influenza non svanì:

    • Il dialetto siciliano sudorientale (il “metafonetico”) conserva ancora tracce dell’antico dominio spagnolo.
    • L’architettura barocca delle città iblee è oggi Patrimonio UNESCO.
    • La cioccolata di Modica, di antica tradizione, è un retaggio del dominio spagnolo e dei contatti con l’America.

    Conclusione

    Più di un semplice feudo, la Contea di Modica fu un vero e proprio microcosmo di potere. La sua storia ci ricorda come la Sicilia, tra Medioevo ed Età Moderna, fosse un mosaico di autonomie locali, spesso più forti dello stesso governo centrale.

    Oggi, il suo nome evoca non solo un passato glorioso, ma anche un’identità culturale che resiste nel tempo.

  • Olivi affaciati sulle isole Eolie

    Olivi affaciati sulle isole Eolie

    Dagli Ulivi Secolari alle Eolie: un Panorama da Incanto

    Tra i nostri ulivi centenari, le cui radici affondano in una storia antica, si dischiude ogni giorno un panorama straordinario. Quando il cielo è terso e il vento accarezza le foglie argentate, lo sguardo può spingersi lontano, fino alle isole Eolie che emergono dal mare come un sogno.

    Uno Sguardo Verso il Mare

    Dalla nostra terra coltivata, dove gli ulivi nodosi raccontano storie di generazioni, lo sguardo spazia libero verso nord-est, dove nelle giornate serene Vulcano, Lipari e Salina emergono con nitidezza dal blu del Tirreno.

    • Vulcano, la più vicina, si riconosce dalla sua forma tondeggiante e dal pennacchio di fumo che a volte sale dalla Fossa di Vulcano, ricordandoci la natura viva e ribelle di queste isole.
    • Lipari, la più grande, si stende con le sue case bianche e le colline verdeggianti, mentre la costa frastagliata disegna baie e scogliere.
    • Salina, con i suoi due vulcani spenti, Monte Fossa delle Felci e Monte dei Porri, è un’oasi di verde e vigneti, famosa per i capperi e la malvasia.

    Stromboli: il Gigante di Fuoco

    Nelle giornate particolarmente limpide, quando l’aria è tersa e il vento spazza via ogni velo di foschia, l’occhio può spingersi ancora più lontano, fino a scorgere la sagoma imponente di Stromboli, con il suo pennacchio di cenere e le esplosioni notturne che illuminano il mare. È uno spettacolo raro e affascinante, che trasforma un semplice tramonto in un’esperienza indimenticabile.

    Un Ponte tra Terra e Mare

    Questo legame visivo tra la nostra campagna e le Eolie non è solo una questione di paesaggio, ma anche di storia e cultura. Per secoli, gli abitanti della costa siciliana hanno navigato verso quelle isole, commerciando, pescando o cercando rifugio. Oggi, quel panorama resta un richiamo irresistibile, un invito al viaggio e alla scoperta.

    Conclusione

    Guardare le Eolie da qui, tra gli ulivi che resistono al tempo, è un privilegio che ci ricorda la bellezza fragile e potente della Sicilia. Tra terra e mare, tra quiete e fuoco, questo angolo di mondo ci regala ogni giorno un’emozione diversa, sempre legata a quel filo d’orizzonte dove il mito incontra la natura.

    E forse, proprio per questo, chiunque si fermi a contemplare questa vista capisce perché queste isole siano state considerate, fin dall’antichità, la dimora degli dei.

  • La magia della potatura tra ulivi e profumi di Sicilia

    La magia della potatura tra ulivi e profumi di Sicilia

    Un giorno di inizio marzo

    All’inizio di marzo, quando la primavera iniziava a sussurrare tra i campi, siamo tornati in Sicilia per dare vita a uno dei riti più antichi della tradizione contadina: la potatura degli ulivi secolari di Olivetum.

    Per sette giorni, sotto un cielo terso e tra distese di verde brillante, un potatore esperto e le maestranze locali hanno lavorato con pazienza e rispetto, ramo dopo ramo. Le cesoie taglienti danzavano tra i tronchi nodosi, liberando gli alberi dai rami superflui, mentre il profumo di legno fresco e terra umida avvolgeva l’aria.

    L’inizio era all’alba, alle 7 del mattino, quando la rugiada bagnava ancora l’erba e i fiori selvatici—bianchi, gialli, viola—punteggiavano il terreno come un mosaico naturale. Dopo le tre del pomeriggio, mentre il sole cominciava a calare, noi continuavamo a bruciare i rami, trasformandoli in cenere che tornerà alla terra. Un lavoro meticoloso, per lasciare la campagna pulita, ordinata e pronta per l’aratura, che arriverà tra qualche mese.

    Ogni gesto aveva un significato: non solo potatura, ma cura, rispetto e preparazione per la nuova stagione. Gli ulivi, ora più leggeri e aerati, torneranno a germogliare con vigore, pronti a regalarci un olio ancora più ricco e autentico.

  • Il Giardino di Sicilia: Un Frutteto Antico tra Colori e Sapori

    Il Giardino di Sicilia: Un Frutteto Antico tra Colori e Sapori

    In Sicilia, quando diciamo giardino, non parliamo di aiuole ordinate o rose coltivate con precisione. Il nostro è un giardino che vive, respira e dona frutti—un trionfo di biodiversità dove arance, limoni, mandarini e banane crescono sotto lo stesso sole, in un ciclo perpetuo di stagioni e sapori.

    Un Eden in Ogni Stagione

    • Inverno: Gli agrumi regnano sovrani. Arance rosse come il tramonto, limoni che profumano di Mediterraneo, pompelmi dal sapore vibrante.
    • Primavera: I mandorli fioriscono prima di tutti, seguiti da nespole dolci e fichi primaticci. L’aria si riempie di petali bianchi e del ronzio delle api.
    • EstateUvamelograni e fichi d’India esplodono di colore. I pinoli cadono dai pini, pronti per essere raccolti all’alba.
    • AutunnoCachi morbidi come seta, mele croccanti, pere succose e banane—sì, banane!—che stupiscono chi non sa che la Sicilia ha angoli quasi tropicali.

    La Filosofia della Terra

    Questo giardino non è mai vuoto. Quando un albero finisce di dare frutti, un altro inizia, in un equilibrio perfetto tra natura e lavoro umano. Non usiamo serre né forzature: ogni frutto arriva quando è pronto, seguendo il ritmo antico della campagna.

    Qui non si butta via niente:

    Le mandorle, seccate al sole, sono pronte per granelle e latte vegetale.

    Le bucce degli agrumi diventano canditi o oli essenziali.

    I fichi troppo maturi si trasformano in marmellate dense e fragranti.

  • La nostra prima raccolta d´olive nel novembre 2023

    La nostra prima raccolta d´olive nel novembre 2023

    Novembre 2023. Dopo anni di silenzio, le reti sono tornate a stendersi sotto gli ulivi secolari dell’Olivetum, nel cuore dell’antica Val Demone. Qui, dove lo sguardo spazia dal Mar Mediterraneo alle sagome delle Eolie, abbiamo ripreso un rito interrotto troppo presto: la raccolta delle olive, eredità di una tradizione familiare che la scomparsa del nonno aveva sospeso.

    Un Viaggio nel Tempo e nella Terra

    Non era solo una raccolta. Era una riconquista: delle radici, dei gesti antichi, del legame con una terra che fu uno dei Reali Dominii al di là del Faro, crocevia di storia e cultura

    • Le olive, cadute tra le reti o raccolte a mano, viaggiavano in sacchi di juta verso il frantoio al tramonto, come un tempo.
    • I tumuli (l’antica misura locale) hanno ridato voce a una metrica dimenticata.
    • Le varietàMinuta Nasitana, Santagatese, Verdello, Frantoio, Nocellara Messinese—nomi che suonano come poesia, ognuna con il suo carattere, tutte figlie di questa costa battuta dal vento

    L’Olio Nuovo: Oro dei Nebrodi

    La molitura, durata una settimana, ha restituito un olio extravergine dall’acidità impercettibile e dal fruttato intenso. Quello che i siciliani chiamano “l’oro verde”:

    • Colore: verde smeraldo con riflessi dorati.
    • Profumo: erba appena tagliata, carciofo selvatico, una punta di mandorla amara.
    • Sapore: piccante ma equilibrato, con note di pomodoro acerbo e finocchietto.

    Assaggiarlo su una fetta di pane caldo è stato come riaccendere una memoria: quella del nonno che ci insegnava a riconoscere, dal gusto, l’ulivo da cui veniva ogni goccia.

    Perché Questa Raccolta Era Diversa?

    Una promessa: continuare, migliorare, condividere.

    Biologica per scelta, non per obbligo: niente pesticidi, solo rispetto per gli alberi centenari.

    Un atto di resistenza: contro l’abbandono delle campagne, contro l’omologazione dei sapori.